I Contadini Piceni Coltivano Biodiversità e si Allenano a Diventare Produttori di Seme

Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando

Con il contributo di Danilo Perozzi, Pierluigi Valenti, Anna Monaldi, Cristiano Tuzi, Mary Pazzi e Olimpia Gobbi

La diffusione nel Piceno delle popolazioni evolutive ICARDA di cereali, soprattutto quella di frumento tenero, è stata molto rapida, ha generato molto interesse e promosso lo sviluppo di piccole filiere locali.

Ma, andiamo per ordine: che cosa è, e dove si trova il Piceno?

Geograficamente comprende le attuali province di Ancona, parte di quella di Macerata, Fermo (Firmum) e Ascoli Piceno (Asculum), più la parte nord dell’Abruzzo.


Il Piceno

Si tratta di un territorio con una storia antichissima: Il nome Piceni (Picentes o Picenti) comprendeva due diversi gruppi etnici: i Piceni del Sud, una tribù Italica, e i Piceni del Nord, una tribù che sembra avesse stretti legami con popoli non italici. Il nome appare per la prima volta nei Fasti triumphales (268/267 BC).

La popolazione evolutiva ICARDA di frumento tenero (la storia completa la trovate qui: https://salvatorececcarelli.wordpress.com/2020/04/03/le-popolazioni-evolutive-icarda/) arriva nel Piceno nel 2014 grazie a Ernesto Angelini, dell’Antico Mulino ad Acqua Angelini di Piedicava, vicino ad Acquasanta Terme, una ventina di chilometri prima di Ascoli Piceno venendo da Roma sulla Salaria.

Ernesto, decide di provare la popolazione evolutiva di frumento tenero di cui Salvatore aveva parlato in un evento da lui organizzato presso il Mulino (oggi fermo perché danneggiato dal terremoto del 2016) e al quale partecipavano anche Pasquale Polito e Gregorio Di Agostini (Forno Brisa), e ne ordina circa 3 quintali a Giuseppe Li Rosi che la coltivava dal 2010, anno in cui il seme era arrivato dalla Siria. Il seme arriva ad Ascoli Piceno i primi di novembre e la popolazione comincia a diffondersi e lo riceve anche l’allora presidente di Rocca Madre, una cooperativa di comunità.

Nel giro di qualche anno diversi forni cominciano a panificare la farina della popolazione, qualche ristorante lo serve in aggiunta al pane più commerciale, un ristorante inizia a farci delle tagliatelle superbe e quindi sembra una storia avviata al successo.

Una proprietà delle popolazioni evolutive è la loro straordinaria capacità di evolvere sia nel tempo che nello spazio e quindi i contadini che la coltivano hanno tutto l’interesse a riprodurre il proprio seme.

E qui cominciano i problemi.    

Se il seme di partenza contiene qualche seme di altre specie, come per esempio, se tra i semi della popolazione di tenero ce n’è qualcuno di orzo e se tra i semi della popolazione di frumento duro ce ne sono alcuni di frumento tenero e orzo, a causa della diversa capacità competitiva delle tre specie (l’orzo è più competitivo del frumento tenero e il frumento tenero è più competitivo del frumento duro) nel tempo non si raccoglie granella di solo tenero o di solo duro, creando problemi nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti da loro derivati.

Quindi, per evitare questi problemi, nelle colture, come per esempio la maggior parte dei cereali, in cui il seme svolge due funzioni, quella tipica di seme di propagazione, ma anche quella di prodotto da trasformare (la granella), il seme da utilizzare per le semine NON PUÓ provenire dallo stesso campo destinato alla produzione di granella, cioè le due produzioni debbono provenire da campi diversi, gestiti dalla semina alla raccolta in modi diversi.

Questa soluzione, per la cui attuazione ha svolto un ruolo determinante il Dr. Antonio Lo Fiego di Arcoiris, una azienda sementiera biologica, ha diverse implicazioni.

La prima è rappresentata dalla precessione colturale: da questa iniziale esperienza nel Piceno, i campi destinati alla produzione di seme seminati dopo un medicaio di 3-4 anni non presentano alcuna infestante. Questo è importante per la seconda implicazione. Infatti, per consentire un’ispezione accurata, il campo da seme, pur seminato con una normale seminatrice, va seminato a file alterne per permettere di camminare all’interno del campo senza danneggiare la coltura, e la conseguente maggiore distanza tra le file potrebbe favorire lo sviluppo di infestanti.


Un campo per la produzione di seme di una popolazione evolutiva ICARDA di frumento tenero seminato a file alterne per consentire di estirpare eventuali piante di orzo o di frumento duro (foto di D. Perozzi)

La terza implicazione è che, se la separazione tra la produzione di seme e la produzione di granella dovesse essere fatta da ogni singolo contadino, una parte dell’azienda sarebbe destinata per produzione di seme da reimpiego in azienda. Ciò comporta anche due elementi di rischio. Il primo è legato ad eventi climatici avversi che potrebbero lasciare il contadino senza seme o con una quantità di seme non sufficiente. Il secondo è di natura genetica ed è associato ad una possibile continua riduzione di diversità genetica dovuta al processo di adattamento ad uno specifico microambiente rappresentato da una singola azienda.

Una conseguenza di questa terza implicazione che abbiamo cominciato a discutere con i contadini della parte meridionale del Piceno è di considerare la produzione di seme come una responsabilità da assolvere a rotazione da parte di alcuni contadini di un’area relativamente omogenea per l’intera comunità di contadini che in quell’area coltivano una o più popolazioni evolutive. Questo consentirebbe anche di inserire il campo destinato alla produzione di seme della popolazione evolutiva di una coltura non solo in una appropriata rotazione ma anche di ridurre il rischio di mescolamenti indesiderati e incontrollati al momento della trebbiatura da parte di terzisti.

Tutto ciò potrebbe diventare di più facile gestione qualora la comunità diventasse indipendente dotandosi di una mietitrebbia dedicata esclusivamente alla raccolta dei campi dedicati alla produzione di seme delle popolazioni evolutive.

Ciascun contadino che entra nel percorso può riprodurre, a rotazione, il seme in azienda grazie alle pratiche descritte. Le quantità prodotte verranno scambiate all’interno della comunità ed è proprio la pratica dello scambio quella che contribuisce a sostenere i saperi contadini e ad incentivare la diffusione di una moltitudine di varietà.

Un aspetto estremamente importante di questo percorso, della pratica dello scambio dei semi e, in generale, del riappropriarsi del controllo dei semi da parte dei contadini, è quello del controllo delle malattie che si trasmettono per seme. Il rischio di diffondere insieme al seme anche malattie è sempre presente e può compromettere la credibilità di tutto il processo.  Anche questo rischio può essere notevolmente ridotto dal lavorare come comunità favorendo così lo scambio delle conoscenze sul come produrre seme sano e sul come conservare sia seme che granella in modo ottimale.

                                                                                

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