Non dobbiamo avere paura della Genetica Agraria

Nel numero di Aprile di Vita in Campagna e’ comparso un articolo dal titolo “Non dobbiamo avere paura della Genetica Agraria

E perché mai dovremmo? Avendo insegnato Genetica Agraria alla facoltà di Agraria dell’Università di Perugia, ancora oggi, di tanto in tanto, incontro ex studenti che mi salutano calorosamente e non mi sembrano affatto spaventati.

Poi, la genetica agraria, anzi per seguire le argomentazioni dell’articolo, il miglioramento genetico l’ho praticato, prima nelle stazioni di ricerca e poi direttamente nei campi, venendo a contatto con probabilmente qualche migliaio di contadini in qualche dozzina di paesi, e non solo del terzo mondo, e non ho mai avuto l’impressione di generare spavento per le “innovazioni genetiche” che il mio lavoro, anzi il “nostro” lavoro, generava: decine e decine di nuove varietà che i contadini non solo Siriani, Eritrei, Etiopi, Yemeniti, Giordani, Iraniani, Iracheni, Egiziani, Algerini, ma ultimamente anche Italiani (vedi foto qui sotto), non hanno avuto alcuna paura a coltivare.

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Agricoltori e ricercatori selezionano in campo in un programma di miglioramento genetico partecipativo

Quindi sarebbe bene precisare di quali innovazioni genetiche si ha paura e perché.

  1. Quando è cominciato il miglioramento genetico?

Il processo di domesticazione ha rappresentato nella storia dell’Umanità una vera e propria rivoluzione (non per nulla è nota come Rivoluzione del Neolitico) dovuta alla straordinaria capacità di osservazione di uomini e, più probabilmente, donne di 10,000 anni fa. A questo proposito bisogna ricordare che:

a) L’articolo fa risalire il passaggio dalla lenta selezione massale al più rapido metodo di miglioramento genetico basato sull’incrocio all’inizio del secolo scorso. Poi però nel riquadro dedicato alle antiche varietà scopriamo che il mais Marano era stato ottenuto, per incrocio, un po’ prima. Infatti, esistono molti documenti che riportano l’uso di incroci ben prima di Mendel;

b) Oggi esistono molti studi, che posso eventualmente citare, su frumento, su piante da orto (ben 43 analizzate), frutta e frutta con guscio (anche qui molte specie analizzate), i quali indicano che il valore nutritivo nel corso del miglioramento genetico che è stato diretto soprattutto all’aumento delle rese, è diminuito: a farne le spese sono stati soprattutto Ferro e Zinco della cui deficienza oggi muoiono 63 milioni di persone all’anno.

2. Rivoluzione Verde: tutto oro quel che luccica?

Parlare della Rivoluzione Verde accennando solo un po’ troppo di sfuggita, a me sembra, alle sue conseguenze negative, significa ignorare tantissima letteratura scientifica che dice esattamente il contrario ma anche dati statistici che dicono che oggi l’India, il paese nel quale la Rivoluzione Verde cominciò, dopo quaranta anni da quel fenomeno, ha tassi di mortalità infantile e di malnutrizione infantile per cui i giornali locali escono con titoli “salvate i bambini Indiani”.

Per evitare un quadro troppo elogiativo sarebbe stato bene dire che oggi al mondo (dati di “Nature”), 780 milioni di persone soffrono la fame, circa due miliardi sono malnutrite mentre 1,9 miliardi sono in sovrappeso ed obese e quindi candidate ad ammalarsi di diabete. Se i malati di diabete vivessero tutti nello stesso paese, quel paese sarebbe il terzo paese più popoloso al mondo dopo Cina e India (lo dice “The Lancet”). Nello stesso tempo, l’ha detto anche papa Francesco, gettiamo nei cassonetti dei rifiuti 1 miliardo e 300.000 tonnellate di cibo all’anno che da sole servirebbero a sfamare circa la metà di quei 780 milioni di persone che soffrono la fame.

E’ di queste cose che, credo, la gente ha paura.

Figura iniziale

Diversi modi di fare Genetica Agraria

3. A proposito di OGM bisognerebbe anche dire che…

Perché, ma questo lo fa anche la senatrice Cattaneo, quando si parla di OGM non si dice anche che:

a) L’uso del cotone transgenico resistente all’erbicida Roundup (glifosato) ha portato a selezionare, proprio per quel fenomeno che l’articolo cita in prima pagina “Spieghiamo questo concetto con un esempio: la comparsa di una malattia può causare la morte di molti individui e la sopravvivenza dei pochi che possiedono i geni della resistenza alla stessa malattia (selezione naturale); le generazioni future saranno così resistenti e ciò garantirà la conservazione della specie.” Questo è un principio biologico che è alla base dell’evoluzione ed è noto come “Teorema fondamentale della selezione naturale” che spiega anche un altro fenomeno che sta assumendo proporzione planetarie: la resistenza dei batteri agli antibiotici;

b) Lo stesso sta avvenendo per molte piante con il gene Bt.

Esempi di a) e b) stanno comparendo sulle riviste scientifiche più autorevoli.  A proposito di OGM resistenti ai diserbanti, qualche lettore avrà sentito parlare di una nuova generazione di OGM resistenti non solo al glifosato ma anche ad un nuovo prodotto che si chiama dicamba. Tanto nuovo che si conosce da 30 anni e gli esperti vi possono dire che ancora prima che questa nuova generazione di OGM venga messa a disposizione dei contadini, esistono già infestanti resistenti ad entrambi i principi attivi contemporaneamente: nel momento in cui questi nuovi OGM entreranno in coltura, per il Teorema fondamentale della selezione naturale queste infestanti saranno le sole a riprodursi e diventeranno quelle dominanti.

Anche di questo le persone, credo, hanno paura!

Sempre a proposito delle biotecnologie applicate all’agricoltura, si parla sempre di possibilità e di promesse da un lato (genome editing, cisgenesi e transgenesi) e di libertà di ricerca (nel caso specifico degli OGM) dall’altro. Nel primo caso si portano come esempio casi molto particolari non dicendo che le caratteristiche veramente importanti nel miglioramento genetico (la produttività, la resistenza alle avversità climatiche quali siccità e alte temperature, la resistenza durevole nel tempo a molte malattie, per citarne alcune) sono dovute a molti, e spesso moltissimi geni, e quindi non si risolvono certo con la manipolazione, per quanto precisa possa essere, di uno o due geni. Nel secondo caso, bisognerebbe ricordare ai lettori che gli OGM sono in giro dal 1983 (data di pubblicazione del primo articolo scientifico in cui si descrive il riuscito trasferimento di un gene da un organismo ad un altro), e che nei 34 anni successivi i problemi di fame, malnutrizione, malattie legate al cibo sono rimasti tal quali o sono peggiorati. Si può quindi lamentare la mancanza di libertà di ricerca per una tecnologia, appunto gli OGM, che sta facendo acqua da tutte le parti?

Qui secondo me non si tratta di paura di una tecnologia, ma di paura per quello che non si dice di quella tecnologia.

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Un miscuglio di frumento tenero in Sicilia

4. Le innovazioni genetiche non fanno necessariamente paura

Infine, come si può parlare, come si fa nel sottotitolo di “diffidenza verso le innovazioni genetiche” quando una innovazione (esito a usare questo termine trattandosi di un metodo di miglioramento genetico proposto nel 1956 ma mai seriamente usato) quale il miglioramento genetico evolutivo sta avendo anche in Italia un accoglienza a dir poco entusiasta?

E dire che con il miglioramento genetico evolutivo (notate bene, stiamo parlando di genetica agraria) si portano sotto gli occhi del contadino dei miscugli cosi drasticamente diversi dalle varietà uniformi cui sono stati abituati per decenni, che ci si aspettava una certa diffidenza, la quale invece si è dissipata senza ricorrere ad argomenti ideologici, ma semplicemente dimostrando che questi miscugli sono più produttivi, rappresentano soluzioni durevoli (al contrario degli OGM) al controllo di infestanti, malattie e insetti, si evolvono gradualmente diventando sempre meglio adattati al cambiamento climatico, e danno prodotti salutistici (per esempio pane tollerato da persone con sensibilità al glutine) che hanno incontrato subito il favore del mercato.

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Vi sembrano spaventate?

Per chi volesse saperne di più vedere www.miscugli.it, https://salvatorececcarelli.wordpress.com/

In conclusione, ci troviamo perfettamente d’accordo con l’autore dell’articolo: non si deve aver paura della genetica agraria, si tratta soltanto di capire di quale genetica agraria parliamo!

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